A partire dagli anni '80 del XX secolo, e tuttora in auge, una nuova sensibilità in campo architettonico ha introdotto l'uso di geometrie scomposte, linee spezzate e superfici irregolari, generando nei fruitori un senso di disorientamento e instabilità.
Le radici filosofiche del decostruttivismo affondano nel pensiero di Jacques Derrida, il cui concetto di "decostruzione" ha plasmato profondamente questa corrente. L'idea di sovvertire le strutture consolidate del pensiero si traduce, in architettura, nella creazione di edifici che sembrano contravvenire alle leggi della fisica e della logica costruttiva. I postulati decostruttivisti contestano le convenzioni tradizionali dell'architettura, mettendo in discussione simmetria, armonia e proporzioni classiche. L'intento è suscitare emozioni e reazioni viscerali mediante l'impiego di forme atipiche e spazi inattesi.
Le soluzioni architettoniche innovative che ne derivano evidenziano le dinamiche tra diverse parti di un edificio, originando contrasti e dissonanze visive di notevole impatto.
L'architettura utopica e visionaria, avvalendosi di processi tecnologici d'avanguardia e materiali innovativi, trasforma radicalmente lo spazio architettonico, dando vita a configurazioni sempre più complesse ed audaci.
Questa architettura è concepita mediante l'uso di software di progettazione parametrica, che ha consentito agli architetti di ideare e realizzare forme precedentemente inimmaginabili. Materiali come il titanio, impiegato da Frank Gehry nel Museo Guggenheim di Bilbao, o i compositi di fibra di carbonio, hanno dischiuso nuove possibilità espressive.
Tuttavia, il decostruttivismo ha suscitato reazioni contrastanti nel pubblico e nella critica. Mentre alcuni scorgono in queste opere una liberazione dalle costrizioni formali del passato, altri le considerano esempi di un'architettura egocentrica e sconnessa dal contesto urbano. Questo dibattito solleva questioni fondamentali sul ruolo dell'architettura nella società contemporanea e sul confine tra arte e funzionalità.
Tali principi hanno stimolato tra i progettisti un acceso dibattito sulla forma e sulla funzione degli edifici contemporanei. Architetti di fama internazionale come Peter Eisenman, Frank O. Gehry, Zaha Hadid, Rem Koolhaas, Daniel Libeskind, Bernard Tschumi e il collettivo Coop Himmelb(l)au respingono il formalismo proposto dalla tradizione modernista, proponendo invece soluzioni che si focalizzano sulla scomposizione e la destabilizzazione, sfidando così le convenzioni consolidate.
L'influenza del decostruttivismo si estende oltre l'architettura, permeando altre forme d'arte.
Michele Rosa, sin dai primi anni '90 del secolo scorso, si è distinto come attento osservatore e instancabile ricercatore di nuovi stimoli. Le sue originali soluzioni astratte si allineano alla sensibilità espressiva decostruttivista, talvolta precorrendo alcune invenzioni formali del movimento.
Analogamente, l'impiego di segmenti materici sovrapposti alla tela, eseguiti alla fine degli anni '90, richiama le linee intersecanti di Bernard Tschumi, evidenti nei suoi disegni per il Parc de la Villette a Parigi.
Ulteriori analogie dell'arte astratta di Rosa si riscontrano con la proposta decostruttivista di Alessandro Mendini per il museo di Groninger.
Le intersezioni geometriche di linee e forme plastiche disarmoniche nell'opera di Rosa appaiono in sintonia con il progetto utopico di Rem Koolhaas per l'Hyperbuilding a Bangkok, concepito come una città autosufficiente per 120.000 persone.
L'uso di pizzi forati e parati in raso negli innesti materici collocati sulle tele di Rosa rivela una correlazione concettuale con il design di Mendini, in cui sono manifeste le citazioni barocche e postmoderne, come esemplificato dalla rinomata poltrona Proust.
L'arte visiva di Rosa si è fatta interprete dei principi del decostruttivismo attraverso l'adozione di tecniche e approcci che riflettono la scomposizione, la destabilizzazione e la sfida alle convenzioni tradizionali. Ciò si manifesta mediante la frantumazione delle forme, l'utilizzo di linee spezzate, geometrie frammentate ed elementi irregolari, creando opere che appaiono disarticolate o disgregate.
Il suo metodo include anche l'impiego della tecnica del collage, caratterizzata da sovrapposizioni e frammentazioni che infrangono l'unità formale dell'immagine. Queste opere mettono in risalto le tensioni e le dinamiche tra i materiali di scarto utilizzati. La rottura della simmetria, della proporzione e dell'armonia formale diviene una consuetudine nell'opera di Rosa, determinando un senso di tensione e instabilità che rispecchia pienamente i principi del decostruttivismo.