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STRUMENTO DI ASCOLTO GIOVANI AFFETTIVITA' E DONO DI SE'

Giovani&Vescovi - Tavolo Affettività e dono di sè

Gli affetti costituiscono una dimensione centrale della vita di ognuno ed un cantiere vastissimo, legato a doppio filo con gli sviluppi della cultura, soprattutto giovanile. Perché il pensiero non si perda, è necessario perimetrare gli obiettivi su cui focalizzare la riflessione. I giovani sono dunque invitati a confrontarsi sul dono di sé come misura alta degli affetti e sulla sfida della generatività: se e come queste due declinazioni esigenti della vita affettiva trovino casa nei vissuti giovanili; se e quanto nella vita di un giovane ci sia spazio per progetti di questo tipo: impegnarsi in relazioni stabili, desiderare figli, immaginarsi madri e padri, scegliere di servire la vita, oltre il canone dell’utile o dell’apparenza solo giovanilistica.

Christus vivit

Francesco, Christus vivit, Roma 2019, nn. 259-265 passim

I giovani sentono fortemente la chiamata all’amore e sognano di incontrare la persona giusta con cui formare una famiglia e costruire una vita insieme. Senza dubbio è una vocazione che Dio stesso propone attraverso i sentimenti, i desideri, i sogni. Mi piace pensare che «due cristiani che si sposano hanno riconosciuto nella loro storia di amore la chiamata del Signore, la vocazione a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita. E il Sacramento del matrimonio avvolge questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso. Con questo dono, con la certezza di questa chiamata, si può partire sicuri, non si ha paura di nulla, si può affrontare tutto, insieme!». In questo contesto, ricordo che Dio ci ha creati sessuati. Egli stesso «ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature». All’interno della vocazione al matrimonio, dobbiamo riconoscere ed essere grati per il fatto che «la sessualità, il sesso, è un dono di Dio. Niente tabù. È un dono di Dio, un dono che il Signore ci dà. Ha due scopi: amarsi e generare vita. È una passione, è l’amore appassionato. Il vero amore è appassionato. L’amore fra un uomo e una donna, quando è appassionato, ti porta a dare la vita per sempre. Sempre. E a darla con il corpo e l’anima». Il Sinodo ha sottolineato che «la famiglia continua a rappresentare il principale punto di riferimento per i giovani. I figli apprezzano l’amore e la cura da parte dei genitori, hanno a cuore i legami familiari e sperano di riuscire a formare a loro volta una famiglia. Indubbiamente l’aumento di separazioni, divorzi, seconde unioni e famiglie monoparentali può causare, nei giovani, grandi sofferenze e crisi d’identità. Talora devono farsi carico di responsabilità che non sono proporzionate alla loro età e li costringono a divenire adulti prima del tempo. I nonni offrono spesso un contributo decisivo nell’affetto e nell’educazione religiosa: con la loro saggezza sono un anello decisivo nel rapporto tra le generazioni». Queste difficoltà incontrate nella famiglia di origine portano certamente molti giovani a chiedersi se vale la pena formare una nuova famiglia, essere fedeli, essere generosi. Voglio dirvi di sì, che vale la pena scommettere sulla famiglia e che in essa troverete gli stimoli migliori per maturare e le gioie più belle da condividere. Non lasciate che vi rubino la possibilità di amare sul serio. Non fatevi ingannare da coloro che propongono una vita di sregolatezza individualistica che finisce per portare all’isolamento e alla peggiore solitudine. Oggi regna una cultura del provvisorio che è un’illusione. Credere che nulla può essere definitivo è un inganno e una menzogna. Molte volte «c’è chi dice che oggi il matrimonio è “fuori moda”. [...] Nella cultura del provvisorio, del relativo, molti predicano che l’importante è “godere” il momento, che non vale la pena di impegnarsi per tutta la vita, di fare scelte definitive. […] Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare controcorrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente». Io invece ho fiducia in voi, per questo vi incoraggio a scegliere il matrimonio. Al matrimonio bisogna prepararsi, e questo richiede di educare sé stessi, di sviluppare le migliori virtù, specialmente l’amore, la pazienza, la capacità di dialogo e di servizio. Implica anche educare la propria sessualità, in modo che sia sempre meno uno strumento per usare gli altri e sempre più una capacità di donarsi pienamente a una persona in modo esclusivo e generoso.

Progetti di vita in sospeso

Bonanomi A., Luppi F., Rosina A., “Il futuro tenuto a distanza: progetti di vita in sospeso”, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2021, Bologna 2021.

Come alcune prime evidenze empiriche hanno dimostrato, la crisi legata al COVID-19 ha già avuto un impatto sulla progettualità delle giovani generazioni in Italia. Almeno nelle intenzioni, gli italiani stanno sospendendo alcune scelte importanti legate alla transizione alla vita adulta, quale l’acquisizione di un’autonomia abitativa dalla famiglia di origine e la decisione di mettere al mondo un figlio. Non solo il peggioramento della situazione economica, ma anche l’incertezza lavorativa e del reddito sono sicuramente tra i principali fattori che concorrono a spiegare questa sospensione più o meno temporanea dei progetti. I fattori che concorrono a ridurre le aspettative di realizzare i desideri di fecondità sono prevalentemente legati allo status economico dell’individuo: avere un’occupazione più sicura in termini contrattuali e di tutele è sicuramente un requisito indispensabile per decidere di intraprendere l’investimento a lungo termine che avere un figlio comporta. Lo status socio-economico è emerso anche come fattore chiave per comprendere i meccanismi per cui gli individui riducono nelle intenzioni il numero di figli che pensano di avere al termine della loro carriera riproduttiva, rispetto al numero dei figli non solo ideale ma anche indispensabile per ritenersi realizzati nella vita. Questo scarto è potenzialmente in grado di generare un profondo senso di insoddisfazione con sé stessi, in quanto mina l’immagine identitaria che l’individuo si è costruito. Bisogna sottolineare poi che si tratta di una generazione, quella dei giovani in questione, che ha vissuto due grandi recessioni economiche, quella del 2008 e quella del 2020, proprio nel periodo in cui tipicamente si acquisisce quella autonomia economica necessaria su cui fondare i propri progetti di vita. L’età giovanile è per eccellenza l’età del desiderio. Il giovane è biologicamente portato ad affacciarsi al mondo mosso da quelle energie vitali e da quelle pulsioni erotiche necessarie per la costruzione di percorsi esistenziali condivisi e di un proprio senso che possa individuarlo come soggetto adulto. Eppure non è detto che tali cammini trovino sempre una direzione, anzi può succedere che sopraggiungano difficoltà e blocchi che frenano l’espressione di sé. Da generativo, il desiderio rischia di diventare stagnante. E portare alla luce, con sé, quel senso di vuoto, di smarrimento, di perdizione che si manifesta in tutta quella vasta gamma di emozioni che abitano lungamente la nostra società e, soprattutto, la vita dei giovani. Cosa significa perciò desiderare? E che rapporto vi è tra il desiderio e il vuoto? Quali sono le ragioni e le conseguenze del vuoto? E si può tornare a desiderare, superando il vuoto? Nei giovani tutto è modificabile; il vuoto allude al nichilismo giovanile come speranza delusa circa la possibilità di reperire un senso. Vuoto, senso, desiderio. Come si manifesta questo vuoto? Solitudine, che non è la disperazione che attanaglia chi spera, ma una sorta di assenza di gravità di chi si trova a muoversi nel sociale, come in uno spazio in disuso.

Giovani a bassa generatività

Romanazzi G., “Giovani a bassa generatività: la transizione alla vita adulta tra crisi, paura e progettualità”, in Education Sciences & Society, 2/2019,https://journals.francoangeli.it/index.php/ess/article/view/8848/518, passim

L’ingresso nel mondo del lavoro avviene anagraficamente in ritardo rispetto ai giovani delle generazioni precedenti, così come ai contemporanei giovani europei; anche perché taluni, forti del sostentamento economico familiare, prima ancora che del sostegno affettivo e morale, si concedono o beneficiano del lusso di rifiutare le offerte di lavoro non aderenti al proprio profilo professionale. La diretta conseguenza è, verosimilmente, la permanenza prolungata dei giovani nella casa natale, in quanto incapaci o impossibilitati a sostenere le spese di gestione di un’abitazione autonoma (...). Muta tanto la struttura della famiglia, quanto lo stesso processo di transizione all’adultità: in un certo momento della vita familiare, infatti, si trovano a convivere non più adulti e bambini, bensì due generazioni adulte che trovano un nuovo equilibrio relazionale e coabitativo assettandosi sulla riduzione dei conflitti derivanti dalle opposizioni e ontrapposizioni generazionali e dalla conseguente conquista/concessione di ampi spazi di libertà e autonomia personale; strategia che finisce, talvolta, con il procrastinare l’agio di una “situazione di comodo” per i genitori, che, in guisa di ciò, riescono a trattenere i figli nel nido, e per i giovani adulti, eterni Peter Pan, che si assicurano un tetto, un letto, un piatto caldo, biancheria pulita, una casa ordinata e, in special modo, la possibilità di entrarvi e uscirvi a proprio piacimento e senza dover fornire troppe spiegazioni (...). Oggi, la dilatazione dei tempi di permanenza in famiglia, di completamento dei percorsi di formazione e professionalizzazione, di regolarizzazione lavorativa e acquisizione di autonomia e indipendenza tratteggia un percorso di transizione più che un preciso momento di passaggio. È scomparsa la ritualità sociale e fortemente aggregativa ai crocevia della vita, in favore dell’individualità e privatezza dei percorsi personali. Lo stesso matrimonio, fondamento, nei secoli precedenti, della famiglia tradizionale, è divenuto, ai giorni nostri, facoltativo. Le caratteristiche di precarietà e revocabilità della vita di coppia sottolineano la dimensione associativa privata del legame, che è andato progressivamente perdendo il proprio significato sociale. Ai giorni nostri, ci si può sposare a qualsiasi età, si può divorziare e si può nuovamente contrarre matrimonio, anche più volte, o si può non sposarsi affatto. Si può convivere o scegliere di avere una relazione, anche stabile e duratura, pur non coabitando mai. O si può scegliere di non avere una relazione. È possibile generare uno o più figli, pur non condividendo il progetto genitoriale con un partner; oppure si può scegliere di non procreare affatto. Mutano, pertanto, le forme e le strutture familiari, che hanno subìto grandi trasformazioni negli ultimi quarant’anni e hanno conferito all’esistenza individuale e alle relazioni interpersonali connotati di incertezza, instabilità, indefinitezza e provvisorietà, generando nei giovani la «paura dei legami stabili».

"L'AMICIZIA E' SEMPRE UNA REPONSABILITA', MAI UNA OPPORTUNITA'"

"INNAMORARSI E' UN ATTO DI LIBERTA'"

"BISOGNA ESSERE MOLTO FORTI PER AMARE LA SOLITUDINE"

Con desiderio e pazienza – da “il cammino della vocazione cristiana” di Marko Ivan Rupnik

Era un giorno d’inverno, verso la fine di febbraio. Boguljub aspettava la visita di Aljaž, il figlio di un medico che molti anni prima veniva a colloquio da lui. L’anziano monaco, sbirciando dalla finestra, guardava il cielo totalmente chiuso sotto il peso di nuvole gravi, di un grigio annacquato. Quando, alla luce fioca del chiostro, scorse che tra la pioggia si mescolava già la neve, mormorò tra sé: “Oggi certamente Aljaž non verrà. Per arrivare al monastero c’è una gran bella salita, e lì incontrerà di sicuro la neve”. Invocò una benedizione sul giovane, aprì un libro, si sedette e si concentrò sulla lettura. Quasi due ore più tardi, proprio poco tempo prima che la campana suonasse per l’ora sesta e poi per il pranzo, il portinaio chiamò Boguljub: il suo studente era arrivato. Era tutto bagnato. Più di una volta era dovuto scendere dall’auto, fermata dalla neve. Aveva dovuto montare le catene. “Uhm – si disse tra sé il monaco – questo ragazzo voleva proprio venire… Il Signore ti benedica e ti scaldi il cuore, giacché sei tutto fradicio!”. Boguljub gli portò delle ciabatte e lo mise a sedere vicino alla stufa, dove intanto si asciugavano le sue cose. Poi gli chiese: “Che cosa sta nel tuo cuore di così impellente che neanche una giornata come questa ti poteva fermare?” “Padre Boguljub, una volta ottenuto questo appuntamento, non lo avrei voluto perdere per nessuna cosa al mondo. Vengo subito al dunque: sono alla fine dell’università, ho già una probabile offerta di lavoro all’orizzonte, anche perché all’ombra di mio padre mi accorgo che sono un privilegiato rispetto a quelli della mia età. E ho anche una fidanzata. Si chiama Nuša. Stiamo insieme da tre anni e qualche mese. Ci stiamo facendo mille domande e ce le fanno anche i nostri amici, con i quali abbiamo condiviso questi anni di studio. Sa, mi creda, oggi veramente non è una scelta facile quella di decidersi se sposarsi o no. Non solo per la questione economica, perché, come le dicevo, attraverso mio padre forse qualche strada di lavoro mi si aprirà. Ma ci sono tante altre cose che bisogna considerare. E poi una grande incertezza mi prende ogni tanto: se ha senso un passo del genere, visto che quasi nessun matrimonio regge e tra i nostri coetanei praticamente ormai nessuno pensa a sposarsi. Allora, cercando, leggendo, riflettendo, domandando un giorno a casa, sentendo per caso parlare i miei, mi è venuto il pensiero che in questo tempo confuso, conviene confrontarsi con qualche persona disinteressata e saggia, come mia madre la considera. Allora con Nuša abbiamo pensato: perché non cercare anche noi un consiglio? Ma, padre, vorrei essere onesto con lei e dirle subito che può darsi che il suo sforzo e il tempo che mi offre sia inutile. Non posso garantire che con Nuša ascolteremo quanto ci dirà. Anche noi, come tutti del resto, siamo gelosi della nostra libertà e non vogliamo sentirci condizionati in niente o dipendenti da qualcuno”. Nel suo cuore Boguljub chiese pietà per questa generazione. “Che illusione, Signore, pensare di essere liberi di decidere, di autodeterminarsi, se la cultura di oggi si può vantare proprio di avere messo in atto un sistema quasi perfetto per creare dipendenza e persuasione! Se questa generazione ha un elemento di estrema fragilità, sta proprio nel suo essere manipolabile. Ma tutto viene camuffato nel gioco sottile di scegliere ed essere scelti, catturare ed essere catturati, sedurre ed essere sedotti… Signore, nostro Salvatore, oggi si è tutto trasferito all’interno. Un tempo era chiaro che esistevano tanti limiti alla tua libertà, sotto la forma delle tante autorità alle quali dovevi sottostare. Oggi la lotta si è trasferita nel mondo interiore, nell’ambito della vita spirituale. Il problema di questa cultura non è scientifico, né ecologico, neanche etico in primo luogo, ma spirituale: sapere discernere quali pensieri seguire e sviluppare, quali intuizioni assecondare, quali sentimenti coltivare, quali cose hanno peso e quali invece sembrano solo importanti, pressanti, urgenti… Signore, abbi pietà di noi, che forse abbiamo contribuito a questo smarrimento, che comporta tanta sofferenza e tanto dolore. Come far comprendere a questa generazione il ruolo di un consiglio spirituale che viene dato non per essere seguito ciecamente, ma per far occupare la nostra mente con un pensiero che porta alla vita, la custodisce e la promuove?” Per un momento a Boguljub venne in mente un insegnante che gli diceva come da molti anni ormai non trovasse nessun bambino in età compresa tra i 10 e i 14 anni che avesse qualche riferimento spirituale o religioso. Tutti i loro richiami, sia nel pensare che nel sentire, nel sognare, nel programmare erano perfettamente orizzontali. “Sta venendo su, anche se è crudele pensarlo, una generazione con un orizzonte veramente ateo, racchiuso all’interno delle coordinate di questo mondo. Signore, come aiutare questa generazione che crescere oggi a trovare i pozzi per attingere l’acqua viva, a superare le volte basse di una cultura così drasticamente concentrata sull’aldiquà e su di sé?” Boguljub si era così trattenuto con questi pensieri che Aljaž aveva pensato che fosse sordo e che non aveva sentito quanto gli aveva detto. E proprio mentre voleva ripetere alcune cose a voce più alta, Boguljub con la sua voce calma, intervenne: “Io dirò semplicemente quello che ho ricevuto per fede, quanto mi è stato trasmesso, che ho visto nella gente e ho imparato durante la mia vita. Vorrei offrirti un contenuto che magari ti sembrerà venire da lontano, non entrarci granché con quanto mi hai raccontato od essere addirittura estraneo alla tua vita. Ma siccome è quello che nutre la mia vita, è il cibo che rumino continuamente e che cercherò di consegnarti con simpatia, forse riusciremo a sintonizzarci e a comunicare. Vedi, è l’amore a dare la vita. Certi contenuti che magari sono già scordati, sepolti, risuscitano in noi perché incontriamo qualcuno che li ama e che ce li trasmette non solo in quanto contenuti, ma insieme al rapporto che li lega a loro. E poi, quando si tratta della verità della vita, dei contenuti che riguardano il senso, il significato, le radici della vita, sono questi contenuti ad amarci, e ad amarci anche attraverso le persone che hanno cura dei misteri che essi esprimono.” Aljaž riprese a ruota libera: “Vogliamo comunque capire sinceramente se questo cambiamento riguardo alle scelte di vita che caratterizza il nostro tempo è una cosa passeggera, è una reazione esagerata a qualcosa del passato, è una moda che va insieme a tutto l’impianto economico della società, della cultura oppure tocca realtà più profonde…” Boguljub lo ascoltava con interesse. Dopo aver affidato al Signore ciò che aveva sentito, si prese ancora un po’ di tempo. “Caro Aljaž – cominciò -, se tu hai veramente il desiderio di sapere che cosa fare della tua vita, devi avere pazienza. Non vedo il senso che io ti dica così, su due piedi, come si sceglie la propria strada. E’ importante fare una scelta secondo il santo volere di Dio, e questo esige tempo… Te la senti?”

TOCCA A TE:

Per la tua esperienza, quale valore i giovani assegnano alla dimensione degli affetti? È un mondo solo precario e provvisorio, dettato dall’immediato?

Oppure come giovane hai la percezione di una sfida ulteriore, che orienta ad un progetto di vita familiare e genitoriale?

Quanto pesano per i giovani i condizionamenti culturali ed economici rispetto al desiderio di assumersi impegni stabili di vita affettiva e diventare un giorno padri e madri?

Quali attenzioni concrete le nostre comunità e le Chiese di Mantova potrebbero avere rispetto a questa dimensione della vita umana? Hai un contributo costruttivo da portare, una sottolineatura da fare?

Credits:

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