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con gli occhi dello spirito Domenica 5 giugno - Pentecoste

“Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”

Lo sguardo dello Spirito ci rende figli, liberi, dignitosi. È lo sguardo di una benedizione senza riserve, senza incertezze, che desidera la vita e il fiorire di ciascuno. Con questo sguardo addosso, stampato sulla fronte come una bruciatura, diventa possibile esprimersi, con parole proprie e diverse, uniche e comprensibili per tutti.

Con questo sguardo non c’è bisogno di aver ricevuto ordini o direttive, si può improvvisare. In una parola si può vivere.

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (14,15-16.23b-26)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Tutti noi sappiamo quale peso può avere lo sguardo di un altro. Lo sguardo di un padre sospettoso o di una madre spaventata può rendere la vita dei figli una pena. Anzi, può non farli sentire mai figli, ma sempre ospiti, tollerati più che desiderati. Con questo sguardo addosso ci si muove male, non si fa un passo senza avere degli ordini e delle garanzie. Non c’è spazio per il gesto libero, creativo, generoso.

Lo sguardo dello Spirito ci rende figli, liberi, dignitosi. È lo sguardo di una benedizione senza riserve, senza incertezze, che desidera la vita e il fiorire di ciascuno. Con questo sguardo addosso, stampato sulla fronte come una bruciatura, diventa possibile esprimersi, con parole proprie e diverse, uniche e comprensibili per tutti.

Con questo sguardo non c’è bisogno di aver ricevuto ordini o direttive, non c’è bisogno di sapere prima cosa fare. Si può improvvisare. In una parola si può vivere.

Prima e oltre tutti gli sguardi feriti e imperfetti che ci rivolgiamo l’un l’altro, è questa la presenza che dobbiamo imparare a percepire. Con questa presenza la prima Chiesa ha saputo affrontare le aperture, le sfide e la confusione degli inizi. È sotto questo sguardo che la nostra Chiesa, davanti alle sfide e alle confusioni che la caratterizzano, può muoversi con libertà per trovare una espressione e una voce propria, accanto a quella di altri popoli, altri tempi, altre vite.

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