Loading

STRUMENTO DI ASCOLTO GIOVANI INTERCULTURA

Giovani&Vescovi - Tavolo intercultura

La globalizzazione, inizialmente un fenomeno legato agli scambi commerciali e alla comunicazione mondiale, è ormai una realtà pervasiva. Lo ha dimostrato in tutta la sua drammaticità anche la pandemia da Covid-19 che in pochi mesi è divenuta una minaccia planetaria. Le società, anche quella italiana, sono sempre più multiculturali e soprattutto i giovani, più orientati ad esperienze di scambio, incontro e formazione anche all’estero, abitano contesti più fluidi e aperti. L’incontro tra identità culturali diverse può generare anche conflitti e mette in discussione lo sguardo con cui si vede l’altro, le sue appartenenze e la sua origine: come le appartenenze possono non diventare pregiudizi? Come una società può crescere nel rispetto e nell’integrazione di culture differenti?

Mentre pare esserci un consenso quasi universale sull’importanza di tale processo, le cose sembrano meno chiare quando si giunge alla definizione dei soggetti e dei contenuti dell’integrazione. Si tende spesso ad addossare la responsabilità dell’integrazione all’elemento straniero, sposando una visione assimilazionista del processo. Da una prospettiva interculturale, l’integrazione si presenza sostanzialmente come un processo bidirezionale (o multidirezionale), nel quale autoctoni e stranieri sono coprotagonisti alla pari. Il movimento di avvicinamento, che implica conoscenza dell’altro, rispetto e mutuo arricchimento, deve vedere tutti coinvolti allo stesso modo e con lo stesso impegno, pena la dilazione o il fallimento del processo stesso. Per promuovere un processo integrativo che porti alla costruzione di società interculturali è necessario rivedere le politiche e i programmi in chiave pluralista, abbandonando la presunzione di superiorità culturale che troppo spesso ha marcato le relazioni dell’Occidente con il resto del mondo. La costruzione di società interculturali richiede pazienza e progetti a lungo termine. Essa esige l’impegno di tutti e verso tutti, affinché nessuno rimanga escluso. Bisogna, però, riconoscere che i bambini e i giovani dell’Europa di oggi rappresentano un target speciale per le politiche di programmi d’integrazione, in quanto essi stanno ancora formando la loro identità culturale e sono generalmente più liberi da pregiudizi e stereotipi.

“GLI ITALIANI IN EUROPA E LA MISSIONE CRISTIANA”

Cari fratelli e sorelle,

vi do il benvenuto e ringrazio il Card. Bassetti per le sue parole di saluto e di introduzione. Saluto il Segretario Generale della CEI, il Presidente della Fondazione Migrantes con il Direttore e i collaboratori, e rivolgo un grato saluto a tutti voi, sacerdoti e collaboratori pastorali, che siete al servizio delle comunità e delle missioni di lingua italiana in Europa.

Il tema che guida i lavori del vostro incontro è “Gli italiani in Europa e la missione cristiana”. Vedo in questo, da una parte, la sollecitudine pastorale che spinge sempre a conoscere la realtà, in questo caso la mobilità italiana; e, dall’altra, il desiderio missionario che questa possa essere fermento, lievito di nuova evangelizzazione in Europa. In questo quadro, vorrei condividere tre riflessioni che spero possano aiutarvi nel presente e nel futuro.

La prima riguarda la mobilità, la migrazione. Spesso vediamo i migranti solo come “altri” da noi, come estranei. In realtà, anche leggendo i dati del fenomeno, scopriamo che i migranti sono una parte rilevante del “noi”, oltre che, nel caso degli emigranti italiani, delle persone a noi prossime: le nostre famiglie, i nostri giovani studenti, laureati, disoccupati, i nostri imprenditori. La migrazione italiana rivela – come scriveva il grande Vescovo Geremia Bonomelli, fondatore dell’Opera di assistenza degli emigranti in Europa e in Medio Oriente – un’“Italia figlia”, in cammino in Europa, soprattutto, e nel mondo. È una realtà che sento particolarmente vicina, in quanto anche la mia famiglia è emigrata in Argentina. Il “noi”, dunque, per leggere la mobilità.

La seconda riflessione interessa l’Europa. La lettura dell’emigrazione italiana nel Continente europeo ci deve rendere sempre più consapevoli che l’Europa è una casa comune. Anche la Chiesa in Europa non può non considerare i milioni di emigranti italiani e di altri Paesi che stanno rinnovando il volto delle città, dei Paesi. E, allo stesso tempo, stanno alimentando «il sogno di un’Europa unita, capace di riconoscere radici comuni e di gioire per la diversità che la abita» (Enc. Fratelli tutti, 10). È un bel mosaico, che non va sfregiato o corrotto con i pregiudizi o con quell’odio velato di perbenismo. L’Europa è chiamata a rivitalizzare nell’oggi la sua vocazione alla solidarietà nella sussidiarietà.

La terza riflessione riguarda la testimonianza di fede delle comunità di emigrati italiani in Paesi europei. Grazie alla loro radicata religiosità popolare hanno comunicato la gioia del Vangelo, hanno reso visibile la bellezza di essere comunità aperte e accoglienti, hanno condiviso i percorsi delle comunità cristiane locali. Uno stile di comunione e di missione ha caratterizzato la loro storia, e spero che potrà disegnare anche il loro futuro. Si tratta di un bellissimo filo che ci lega alla memoria delle nostre famiglie. Come non pensare ai nostri nonni emigrati e alla loro capacità di essere generativi anche sul piano della vita cristiana? È un’eredità da custodire e curare, trovando le vie che permettano di rivitalizzare l’annuncio e la testimonianza di fede. E questo dipende molto dal dialogo tra le generazioni: specialmente tra i nonni e i nipoti. Questo è molto importante, lo sottolineo: nonni e nipoti. Infatti, i giovani italiani che oggi si muovono in Europa sono molto diversi, sul piano della fede, dai loro nonni, eppure in genere sono molto legati ad essi. Ed è decisivo che rimangano attaccati alle radici: proprio nel momento in cui si trovano a vivere in altri contesti europei, è preziosa la linfa che attingono dalle radici, dai nonni, una linfa di valori umani e spirituali. Allora, se c’è questo dialogo tra le generazioni, tra i nonni e i nipoti, davvero «le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci […], particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 126).

Alla luce dell’esperienza latinoamericana, ho potuto affermare che «gli immigrati, se li si aiuta a integrarsi, sono una benedizione, una ricchezza e un nuovo dono che invita una società a crescere» (Enc. Fratelli tutti, 135). Accogliere, accompagnare, promuovere e integrare, i quattro passi. Se non arriviamo all’integrazione possono esserci problemi, e gravi. A me sempre viene in mente la tragedia di Zaventem: coloro che hanno fatto questo erano belgi, ma figli di migranti non integrati, ghettizzati. Accogliere, accompagnare, promuovere e integrare. Lo stesso si può dire anche per l’Europa. Gli emigranti sono una benedizione anche per e nelle nostre Chiese in Europa. Se integrati, possono aiutare a far respirare l’aria di una diversità che rigenera l’unità; possono alimentare il volto della cattolicità; possono testimoniare l’apostolicità della Chiesa; possono generare storie di santità. Non dimentichiamo, ad esempio, che Santa Francesca Saverio Cabrini, suora lombarda emigrante tra gli emigranti, è stata la prima santa cittadina degli Stati Uniti d’America. Nello stesso tempo, le migrazioni hanno accompagnato e possono sostenere, con l’incontro, la relazione e l’amicizia, il cammino ecumenico nei diversi Paesi europei dove i fedeli appartengono in maggioranza a comunità riformate o ortodosse.

In questo senso, constato con piacere che il percorso sinodale delle Chiese in Italia, anche grazie al lavoro pastorale della Fondazione Migrantes, si propone di considerare le persone migranti come una risorsa importante per il rinnovamento e la missione delle Chiese in Europa. Soprattutto il mondo giovanile in emigrazione, spesso disorientato e solo, dovrà vedere una Chiesa con i suoi Pastori attenta, che cammina con loro e tra loro.

Il Beato Vescovo Giovanni Battista Scalabrini, la cui azione tra i migranti ha alimentato la missione delle Chiese in Italia, e Santa Francesca Cabrini, patrona dei migranti, guidino e proteggano il vostro cammino nelle Chiese in Europa per un nuovo, gioioso e profetico annuncio del Vangelo.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per quello che fate. Vi incoraggio a proseguire nel vostro impegno e a pensare con creatività a una missione che guardi al futuro delle nostre comunità, perché siano sempre più radicate nel Vangelo, fraterne e accoglienti. Vi benedico e vi accompagno. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!

Papa Francesco 11 novembre 2021

Fratelli tutti Francesco, Fratelli tutti Roma 2020, nn. 10-12 passim

Per decenni è sembrato che il mondo avesse imparato da tante guerre e fallimenti e si dirigesse lentamente verso varie forme di integrazione. Per esempio, si è sviluppato il sogno di un’Europa unita, capace di riconoscere radici comuni e di gioire per la diversità che la abita. Ricordiamo «la ferma convinzione dei Padri fondatori dell’Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente». Ugualmente ha preso forza l’aspirazione ad un’integrazione latinoamericana e si è incominciato a fare alcuni passi. In altri Paesi e regioni vi sono stati tentativi di pacificazione e avvicinamenti che hanno portato frutti e altri che apparivano promettenti. Ma la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro. Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi. In vari Paesi un’idea dell’unità del popolo e della nazione, impregnata di diverse ideologie, crea nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali. E questo ci ricorda che «ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte. È il cammino. Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno. Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti». “Aprirsi al mondo” è un’espressione che oggi è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Si riferisce esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri o alla libertà dei poteri economici di investire senza vincoli né complicazioni in tutti i Paesi. I conflitti locali e il disinteresse per il bene comune vengono strumentalizzati dall’economia globale per imporre un modello culturale unico. Tale cultura unifica il mondo ma divide le persone e le nazioni, perché «la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli». Siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza. Aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori. L’avanzare di questo globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono sé stessi, ma cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti. In tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il “divide et impera”.

Baggio F., “Le sfide della pastorale giovanile interculturale”

tocca a te:

Dal tuo punto di vista, come vivono i giovani il carattere sempre più multiculturale della società: come ricchezza o come minaccia?

Ti interessano e provocano le grandi questioni della dignità, dei diritti, del rispetto per ogni cultura? Come anche i giovani possono dare il loro apporto ad una società più equa ed inclusiva?

Quali attenzioni concrete le nostre comunità e la Chiesa di Mantova potrebbero avere rispetto ad un tema sempre più decisivo?

Hai un contributo costruttivo da portare, una sottolineatura da fare?

Credits:

Creato con immagini di truthseeker08 - "hands teamwork team-spirit" • geralt - "people viewer exhibition" • geralt - "business idea planning board" • julianaceleiromkt - "family father mother" • Pexels - "hands holding adults" • RyanMcGuire - "musician rockstar band" • Wokandapix - "equal lgbt equality" • Peggy_Marco - "refugees economic refugees financial equalization" • Saydung89 - "idea concept doodle"