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Designers for Bergamo Un tributo alla città attraverso immagini e interviste ai grandi protagonisti di DimoreDesign

Puntata 2

PAOLA NAVONE E ROSA MARIA RINALDI INCONTRANO PALAZZO TERZI

PAOLA NAVONE E

ROSA MARIA RINALDI

ABBIAMO DATO VITA AD UN MAGICO GIOCO DI RIMANDI TRA PRESENTE E PASSATO, SUGGERENDO UNA INASPETTATA CONNESSIONE TRA CREATIVITà, LUOGHI E TEMPI LONTANI TRA LORO...

Intervista a cura di Giacinto Di Pietrantonio

Giacinto Di Pietrantonio: Volendo far coincidere l’inizio dell’intervista con l’inizio della tua attività mi viene naturale chiederti, come e quando nasce in te la passione progettuale prima o durante gli studi?

Paola Navone: Il mio sogno è sempre stato quello di viaggiare. Sono nata a Torino e da subito ero attratta di tutto ciò che di creativo accadeva al di fuori della mia città. Ho cominciato a viaggiare molto presto seguendo la mia natura di “antropologa delle cose”. La mia passione per gli oggetti è diventata la mia professione un po' per caso, come tutte le cose accadute nella mia vita.

G.D.P.: Hai studiato cosa e dove?

P.N.: Ho studiato architettura al Politecnico di Torino. Una scelta diversa da quella che mio padre si aspettava che facessi.

G.D.P.: Quando e perché decidi di trasferirti a Milano?

P.N.: La mia tesi di laurea sull'Architettura Radicale capitò nelle mani di Alessandro Mendini. In quel momento stava radunando un gruppo intorno alla rivista Modo e mi chiamò a Milano. Sono partita immediatamente. Sapevo che sarebbe stato l'inizio di una meravigliosa avventura.

G.D.P.: La tua venuta a Milano coincide anche con la frequentazione di certi ambienti culturali del progetto che ruotano intorno all’Architettura Radicale allo Studio Alchimia, Guerriero, Mendini, Sottsass. Cosa ha significato questo per te? Ha cambiato e in che modo il tuo progettare?

P.N.: Guerriero, Mendini e Sottsass sono stati per me maestri di vita. A loro devo tantissimo. Molto del mio modo libero e non convenzionale di pensare al design viene dal mio coinvolgimento in Alchimia che alla fine degli anni Settanta rappresentava il fronte antiaccademico e provocatorio dell'architettura in Italia.

G.D.P.: Come, quando e dove nasce e si evolve il tuo rapporto con le aziende?

P.N.: A un certo punto Abet Laminati bandì un concorso per disegnare un nuovo pattern. Decisi di partecipare e invece che uno solo ne presentai 50. È stato l’inizio di una lunga collaborazione. Poi sono seguiti molti altri incontri speciali con persone, aziende e savoir-faire. Dall'energia di questi incontri – che per me rappresentano la vera spinta alla creatività – hanno preso vita tutti i miei lavori.

G.D.P.: Lavorando sia con aziende e/o committenti italiane che estere, quali differenze hai trovato?

P.N.: Ogni avventura creativa è una storia a sé. Certamente l'Italia è speciale per sua incredibile tradizione manifatturiera. Non c'è luogo in Italia che non abbia una sua bellissima storia artigianale tramandata di generazione in generazione.

G.D.P.: Che senso ha il progetto oggi, soprattutto nel mondo del design che si trova ad affrontare una sovraproduzione di oggetti? Voglio dire che senso ha progettare un’ennesima sedia, visto che ce ne sono migliaia?

P.N.: Il compito del designer è dare una forma agli oggetti quotidiani, dal bicchiere alla lavatrice. Ci sono infiniti modi per farlo. Se non ho un committente, di certo non disegno una sedia, preferisco andare al mare.

G.D.P.: Come si svolge il tuo modo di progettare? C’è un primo momento nascente in cui disegni operi da sola e un secondo in cui condividi, discuti evolvi il progetto, oppure è tutto condiviso fin dall’inizio?

P.N.: La mia testa è come un grande bidone in cui sono mescolate alla rinfusa tutte le cose accumulate nella mia vita nomade. Sono memorie, immagini, sensazioni …. Quando serve, l'idea salta fuori dalla mia testa in modo immediato, come se fosse già stata lì da qualche parte. Il processo creativo, sempre condiviso con il team del mio studio, è in genere molto rapido e l'idea il più delle volte prende subito la sua forma definitiva.

G.D.P.: Di te si dice e si scrive che hai un “gusto francese”, ti riconosci in questa definizione e cosa credi voglia nel tuo caso dire?

P.N.: Non saprei. Non mi riconosco in nessuna definizione precisa. I miei progetti sono sempre molto diversi tra loro e per uno che può sembrare un po' francese ce ne saranno sicuramente altri che possono sembrare più mediterranei, o tribali oppure ispirati all'Oriente

G.D.P.: Perché hai scelto come simbolo del tuo studio un pesce?

P.N.: Sono del segno dei Pesci. Il mio elemento naturale è l'acqua. Poi trovo che il pesce abbia una forma bellissima. Iconica, universale, positiva, amichevole e gioiosa.

G.D.P.: La professione d’architetto raccoglie molte professioni: designer, curatrice di mostre, di allestimenti, art director, arredatrice, forse ho dimenticato qualcosa, in quale di queste ti senti più a tuo agio?

P.N.: Non ho un ruolo preferito. Anzi, trovo sempre molto divertente e stimolante contaminare e mescolare tra loro i diversi ambiti del mio lavoro.

G.D.P.: Hai lo studio a Milano, ma hai deciso di vivere a Parigi, perché?

P.N.: Ho una natura nomade.

A chi mi dice che non ho radici mi piace rispondere che ho semplicemente radici molto corte. Milano e Parigi sono alcuni dei luoghi in cui, per qualche strana ragione, le mie radici sono andate un po' più in profondità.

G.D.P.: Comunque in generale il fuori Italia e soprattutto l’Africa e l’Oriente hanno una forte attrazione per te.

P.N.: Il mondo intero è la mia inesauribile fonte di ispirazione. Non importa dove io sia. Può capitare che qualcosa di bizzarro e curioso solletichi la mia fantasia anche nel piccolo market sotto casa. Ho vissuto in Africa e nel Sud Est Asiatico e sicuramente molto di questi luoghi appartiene alla mia creatività.

G.D.P.: Pur progettando molti oggetti belli, forti, ogni designer ha la sua icona quale credi sia la l’icona Navone?

P.N.: Ogni progetto per me rappresenta una storia creativa, che siano di successo oppure no ha poca importanza. Non amo parlare di progetti iconici. Gli oggetti che amo di più sono quelli che ritrovo nelle case dopo tanti anni. Vissuti, trasformati, mescolati a cose diverse come se fossero pensati proprio per quella casa.

G.D.P.: A questo punto la domanda successiva è se credi nel made in Italy e cosa rappresenta per te, per il progetto l’Italia.

P.N.: Il savoir-faire che appartiene all'Italia è una grandissima ricchezza che tutto il mondo riconosce. Pensiamo alla tradizione Italiana della lavorazione del vetro, della ceramica, del tessile ...

Nel mio modo un po' eclettico e non convenzionale di pensare al design mi piace molto contaminare modi artigianali che appartengono alla tradizione italiana con tecniche e materiali che arrivano da altre tradizioni del mondo, e provocare negli oggetti inaspettati incontri di mondi.

G.D.P.: L’Italia è comunque una forte presenza del passato. Che senso ha esso per te?

P.N.: Certamente il passato è un riferimento naturale per tutto ciò che di creativo nasce in Italia.

Nel mio lavoro mi diverte fare viaggiare gli oggetti nel tempo in modo un po' anarchico, mescolare elementi che appartengono a secoli diversi e trasportarli con un pizzico di magia nella contemporaneità.

G.D.P.: In questa considerazione per il passato si inserisce anche la mostra DimoreDesign di Bergamo in cui i progettisti vengono invitati ad esporre relazionandosi con palazzi storici molto caratterizzati. Come ti sei relazionata con Palazzo Terzi e perché hai deciso di condividere l’esperienza con la pittrice Maria Rosa Rinaldi?

P.N.: Nello specialissimo contesto storico di Palazzo Terzi, ho deciso di personalizzare gli spazi con oggetti e collezioni di viaggio, un po’ come se dovessi personalizzare lo spazio a modo mio in compagnia della mia amica di viaggio Maria Rosa Rinaldi. Abbiamo dato vita ad un magico gioco di rimandi tra presente e passato, suggerendo una inaspettata connessione tra creatività, luoghi e tempi lontani tra loro.

G.D.P.: A questo punto e per concludere la domanda d’obbligo è, ma quanto è importante la dimensione dell’arte nella tua vita e nel tuo lavoro?

P.N.: Amo la creatività in tutte le sue infinite forme. L'arte, l'architettura, il design come l'arte applicata.

BIO

PAOLA NAVONE (1950). Nell’anima di Paola Navone convivono sapori e colori del sud del mondo, tradizioni, movimento. Dalla fusione di diversi elementi nasce un’inesauribile ricerca di materie inedite, forme e strutture. Paola è architetto, designer, art director, interior designer, collabora con le firme più importanti dello scenario internazionale nel mondo del design. Nel 2014 riceve dalla rivista Interior Design Magazine la prestigiosa nomina a far parte della Hall of Fame del Design.

www.paolanavone.it

ROSA MARIA RINALDI (1951). È artista riconosciuta in premi internazionali, si avvale di tecniche pittoriche e fotografiche. Qualsiasi segno primitivo o contemporaneo che manifesti spontaneità di gesto, colore, composizione, diventa riferimento. Nelle sue opere colore e disegni si associano in libero equilibrio. Voli, danze, movimenti, salti, balzi e corse percorrono le tele su fondi rossi, viola e rosa accesi, verde primavera, gialli dorati.

www.rosamariarinaldi.it

PALAZZO TERZI

Palazzo Terzi, realizzato nel XVII secolo, è il più importante edificio barocco della parte alta di Bergamo. La sua storia, così come quella della città, è una storia stratificata, fatta di continui mutamenti. Proprio per questo motivo furono necessarie per la sua realizzazione due fasi edilizie e quasi un secolo di costruzioni, soluzioni tecniche, abbellimenti e rifiniture. L’edificio si presenta oggi con un ampio terrazzo e un colonnato antico nella parte esterna, mentre all’interno è caratterizzato da un susseguirsi di sale che si differenziano per forme e colori rendendo il palazzo un vero e proprio sfoggio di ricerca dell’eccellenza. Tra i personaggi illustri passati dalla dimora vanno menzionati i due imperatori austroungarici Francesco II e Ferdinando I, e lo scrittore tedesco Herman Hesse che scrisse di palazzo Terzi: "si scorgeva un cortile con piante e una lanterna, oltre il quale due grandi statue e un'elegante balaustra si stagliavano nitidi, in un'atmosfera trasognata, evocando, in quell'angolo stretto tra i muri, il presagio dell'infinita lontananza e vastità dell'aere sopra la pianura del Po."

Intervista a cura di Giacinto Di Pietrantonio | Testi a cura di Leone Belotti | Fotografie: Ph. dell'installazione di Paola Navone e Rosa Maria Rinaldi a Palazzo Terzi © Ezio Manciucca – Ph. Progetti di Paola Navone © Paola Navone | Editing di Roberta Facheris