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Il partigiano di Dio La storia di don Gioacchino Rey

di Vincenzo Grienti

Roma, 13 dicembre 1944: un sacerdote muore in un incidente stradale. E’ il tragico epilogo della vita terrena di don Gioacchino Rey, che nel dramma della Grande Guerra e sotto le bombe e i rastrellamenti nazisti del secondo conflitto mondiale, con coraggio e umanità, restò accanto alla gente, ai deportati, alle famiglie e a quanti avevano bisogno.

Nel 2017, a Palazzo del Quirinale si è fatta memoria di don Gioacchino Rey, sacerdote della parrocchia di Santa Maria del Buon Consiglio, a Roma, che si distinse aiutando la popolazione della sua borgata durante il rastrellamento nazista del Quadraro. Un episodio avvenuto il 17 aprile 1944 per mano delle truppe tedesche di occupazione di Roma guidate dal comandate dal Ten Col. SS Herbert Kappler. “Il parroco delle trincee”, così come lo aveva definito Pio XII per via del suo impegno accanto ai soldati della Grande Guerra portò conforto e aiuto materiale alle famiglie dei deportati al lavoro coatto, rimaste improvvisamente senza il sostegno economico. Un’attività di carità che andò al di là del fatto che fossero suoi parrocchiani, cattolici o osservanti altre fedi politiche o religiose.

“Questo era dovuto al suo carattere coraggioso e poco prudente che nel momento del pericolo si spendeva senza riserve convinto che se la situazione lo richiedeva, era necessario agire al di là delle convenienze, essendo peraltro molto chiaro per lui che bisognava restare fedele alla propria ordinazione sacerdotale", come ebbe modo di ricordare il senatore Adriano Ossicini tra coloro che "si salvò dal rastrellamento del Quadraro proprio per l’avvertimento inviatogli da Don Rey" ha spiegato nel 2017 lo storico Pierluigi Amen che per conto dell’Associazione nazionale reduci dalla prigionia (Anrp) ha condotto la ricerca su don Rey (leggi il discorso integrale di Pierluigi Amen)

Significative e riconoscenti sono state le parole usate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel proprio discorso, con le quali ha ringraziato l’autore della ricerca storica sul rastrellamento del Quadraro, che ha fatto riemergere dall’oblio le gesta di Don Gioacchino Rey:“Ringrazio il Prof. Amen per quel che ha detto, per la ricostruzione fatta in questo periodo della figura di Don Rey. E’ un dono che lei ha fatto a tutta la comunità nazionale per poter ricordare quella figura straordinaria di Lenola, ma di Roma” ha detto il capo dello Stato.

Don Rey intrecciò rapporti con tutte le organizzazioni resistenziali che gravitavano nella zona alle quali fornì aiuti logistici, fornendo anche aiuti a persone ricercate dal regime quali soldati renitenti alla leva, alleati in fuga ed ebrei che insieme a don Pappagallo e don Morosini, nella Roma “città aperta” si prodigò a favore della popolazione rischiando la propria vita.

Una vita, quella di don Gioacchino, spesa per aiutare gli altri in nome di una carità intesa come la più alta forma di esercizio della fede. Una figura che si aggiunge ad altri due “preti della resistenza” di Roma “città aperta”come don Pietro Pappagallo, Medaglia d’oro al Merito Civile e don Giuseppe Morosini, Medaglia d’oro al Valor Militare. Il sacerdote durante l’occupazione tedesca della capitale è accanto ai poveri e ai maltrattati, intreccia rapporti con tutte le organizzazioni della resistenza che gravitano nel quartiere Quadraro e fornisce aiuti e protezioni alle persone ricercate dal regime nazista come i renitenti alla leva, gli alleati in fuga, gli ebrei. Proprio Pio XII lo aveva definito “parroco delle trincee”, in ricordo e in omaggio alla sua missione di cappellano militare durante la Prima guerra mondiale, per la quale gli fu conferita una Medaglia di Bronzo al Valor Militare, motivata dalle sue azioni svolte in soccorso dei feriti sotto il fuoco nemico. Don Gioacchino non si tirò indietro neanche quando la Seconda guerra mondiale era ormai agli sgoccioli in un’Italia divisa in due dopo l'8settembre 1943 con a sud gli Alleati anglo-americani che avanzavano e al centro-nord i nazi-fascisti che si ritiravano senza non poche e drammatiche conseguenze per la popolazione civile.

“In tale contesto, dopo essersi offerto ai tedeschi come ostaggio al posto dei suoi parrocchiani, fece per giorni da spola tra le famiglie del quartiere razziato e gli studi cinematografici di Cinecittà, dove erano stati temporaneamente raccolti i rastrellati, per portare loro informazioni e messaggi da parte dei parenti, nonché sostegno e conforto venendo per questo più volte picchiato dai tedeschi” ha avuto modo di spiegare lo storico Pierluigi Amen negli ultimi anni nel corso di numerosi approfondimenti curati da Avvenire, Tv2000, inBlu Radio e Agenzia Sir, che sulla base dei documenti ora disponibili ha ricostruito per conto dell’Anrp, l’Associazione nazionale reduci dalla prigionia, la vicenda del rastrellamento del Quadraro e con esso la storia del sacerdote nato a Lenola, in provincia di Latina, nell’arcidiocesi di Gaeta. Nelle traversie di un’Italia abbandonata a se stessa dopo l’8 settembre 1943 e occupata dai nazisti, don Gioacchino riuscì a far liberare il medico condotto e il farmacista, utili per far fronte alle esigenze di cura degli abitanti della zona.

Don Gioacchino Rey celebra messa insieme ai soldati tra le trincee della Grande Guerra

Quando assistette alla deportazione da Cinecittà di coloro che temeva non sarebbero mai più ritornati si inginocchiò e impartì loro la benedizione. È grazie alla sua intuizione di raccogliere i nominativi dei deportati che si è potuto nel tempo far riconoscere a buona parte degli aventi diritto le provvidenze e le qualifiche dovute per legge, in quanto gli elenchi dei rastrellati redatti dai tedeschi non sono mai stati reperiti. Il parroco tuttavia non vide mai tornare la quasi totalità dei deportati in quanto morì in un incidente stradale a Roma il 13 dicembre 1944.

il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 7 aprile 2017 ha firmato il decreto di conferimento della Medaglia d’Oro al Merito Civile alla Memoria di don Gioacchino Rey. Il sacerdote ha ricevuto l’onorificenza su proposta del Commissario Straordinario di Roma Capitale, Prefetto Francesco Paolo Tronca, deliberata il 29 febbraio 2016 su richiesta dell’Anrp, l’Associazione nazionale reduci dalla prigionia, avanzata a seguito delle anticipazioni dei risultati delle ricerche documentali condotte proprio da Pierluigi Amen sul rastrellamento del Quadraro. “Con la firma del decreto da parte del Presidente della Repubblica si è concluso l’iter relativo al conferimento della Medaglia d’Oro al Merito Civile alla Memoria di Don Gioacchino Rey, un altro passo fortemente sostenuto dalla nostra Associazione che da anni porta avanti iniziative tese a riscostruire una “Memoria” che è diventata Storia” ha sottolineato Enzo Orlanducci, Presidente dell’Anrp.

Il 12 ottobre 2017 Don Rey ha ricevuto dal Presidente della Repubblica la Medaglia d’oro al merito civile alla memoria, consegnata dal Capo dello Stato al futuro Cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per la Diocesi di Roma alla presenza di Andrea Antogiovanni, sindaco di Lenola, di Virginia Raggi, sindaco di Roma e del presidente dell’Anrp Enzo Orlanducci, oltre che dell’on. Laura Coccia e di Sandra De Filippis, in rappresentanza dei discendenti del sacerdote. Nel corso della stessa cerimonia il Vicario di Roma ha affidato la Medaglia e il diploma di attestazione al Sindaco di Lenola per custodirle nella casa comunale.

Le spoglie di don Rey erano tornate a Lenola, nell’Arcidiocesi di Gaeta, il 23 luglio 2017, accolte dalla comunità che lo aveva visto nascere il 26 luglio 1888, per tumularle nel luogo ove fu battezzato. Alla celebrazione, presieduta da monsignor Luigi Vari, arcivescovo di Gaeta, ha fatto seguito la commemorazione civile alla presenza del sindaco Andrea Antogiovanni, dei rappresentanti dell’Anrp, delle istituzioni civili e militari. Poi il trasferimento del feretro nella parrocchia di Santa Maria Maggiore ove è stato tumulato. La stessa che lo aveva crescere e partire da sacerdote nella sua missione di fede e di carità.