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Il tutto in un frammento

Spezzare il pane con gratitudine

Il pane è un alimento essenziale di cui si fa esperienza con il corpo: lo si riceve con le mani, lo si sfiora con le labbra e alla fine diventa il nostro stesso corpo. Il pane, prima ancora di essere visto o toccato, annuncia la sua presenza in un altro modo: ne sentiamo il profumo e ne avvertiamo la fame.

Esso si lega naturalmente ad altri alimenti, ne invoca la presenza, perché non viviamo solo di pane. La sua condivisione poi è anche simbolo per eccellenza del legame fra gli uomini.

La sua fragranza e il suo gusto si legano alla casa e alla famiglia, ma anche alla memoria di legami che, pur non essendo più presenti, nondimeno rimangono ancora vivi e vitali. Proprio per questo esso sta anche alla base di molti racconti, di riti e di canti.

1. L’odore del pane: la fame

Anders Zorn – L’infornata del pane

Non ci si accorge di quanto una cosa sia preziosa finché non la si perde; non si apprezza la profondità di una relazione se non quando si parte; non si avverte la mancanza del pane finché non si ha fame. Ecco, quando si ha fame, tutti i nostri sensi si attivano; ma, uno di essi, forse quello che oggi usiamo meno di tutti, si accende e diviene particolarmente ricettivo e vigile: si tratta dell’odorato.

Il suo compito è quello di cogliere a distanza, anche senza vedere, la presenza del cibo. Ma non di un alimento qualsiasi, bensì del cibo più essenziale per la vita. Forse per questa ragione, quando si ha fame, il profumo del pane si sente in modo così intenso e così particolare. E tuttavia, oggi soprattutto, vi sono diverse parti del nostro mondo ricco e progredito che rischiano di apprezzare poco il profumo del pane, perché non sanno più che cosa sia la fame.

Eppure sappiamo che, globalmente, la fame nel mondo sta aumentando in maniera preoccupante. Ma come si diceva, se aumenta la fame, aumenta anche la sensibilità verso ciò che nutre davvero la vita. Gandhi ha saputo esprimere questo fatto in maniera davvero efficace:

«Ci sono persone nel mondo che hanno così tanta fame, che Dio non può apparire loro se non in forma di pane».

2. La forma del pane: le mani

Safet Zec - Mani per il pane

Il pane si presenta in forme molto variegate e, spesso, anche fantasiose; ma vi è una caratteristica che è comune a tutte, ed è quella di essere adatto alla nostra presa con le mani. Molti cibi hanno bisogno di un piatto o di un contenitore di qualche tipo, e poi anche di particolari posate per poter essere assunti; invece, il primo contenitore del pane è la mano.

Ci sono parole che solo le mani sanno comprendere, ci sono tenerezze che solo le mani sanno apprezzare, ci sono affetti che solo le mani sanno ricevere e comunicare, ci sono beni che solo le mani possono offrire e ci sono legami che solo le mani possono spezzare.

Prima di essere assunto il pane è passato per una lunga catena di mani: quelle del contadino, quelle del mugnaio, quelle del fornaio, quelle della mamma o del papà, o dell’amico o, forse, di uno sconosciuto. Di tutte queste mani, perlopiù, non rimane alcun ricordo; nemmeno delle “ultime”, quelle nostre, senza le quali il pane non potrebbe raggiungere il suo scopo. Ma forse, più di tutte, oggi si dimenticano le “prime”, ossia le mani di Colui dal quale è iniziata la lunga catena di passaggi che hanno portato, anche oggi, il pane sulla nostra tavola.

3. Spezzare il pane: la condivisione

Arcabas – Pellegrini di Emmaus

Il pane è fatto in modo da poter essere spezzato con le mani e condiviso. Non a caso, una delle forme tipiche del pane è quella di avere dimensioni piuttosto grandi, adatte cioè ai bisogni di un’intera famiglia. A suo modo, il pane ha una forma che domanda di essere spezzata e partecipata. Si direbbe che tale condivisione non è essenziale per lo scopo specifico del pane, che è quello di nutrire il corpo.

Dicendo questo si rischia di perdere di vista un aspetto assolutamente decisivo del pane, il fatto cioè che esso nutre molto di più e molto meglio se viene assunto insieme ad altri. Oggi, i nostri ragazzi sanno benissimo che quando non sono “connessi”, quando cioè non sono inseriti in una rete significativa di relazioni, la vita stessa non è degna di questo nome, perché lo è solo nel momento in cui viene partecipata e condivisa. Ebbene il pane è il simbolo primo di questa verità, tanto antica e tanto nuova, che non può essere disattesa senza generare una fame impossibile da saziare. In questo senso, il fatto veramente drammatico non è la mancanza di pane nel mondo, bensì la sua carente condivisione.

4. Il gusto del pane: la fraternità

Elena Manganelli – Ultima cena (part.)

Gli uomini sanno molto bene che il cibo non ha lo stesso sapore se viene assunto nella solitudine oppure partecipato in un momento di incontro amichevole e familiare. Sembrerebbe che il gusto dipenda unicamente dai ricettori collocati sulla lingua e dal sistema neurale ad esso collegato; ora, invece, l’aspetto determinante che rischia di sfuggire è proprio la rete di collegamenti che, in forme per noi difficili da ricostruire, uniscono la mera sensazione del gusto al calore delle relazioni e alla profondità dei legami.

Accade che un cibo teoricamente buonissimo risulti del tutto indifferente o perfino indigesto se assunto in un contesto ostile oppure indifferente; viceversa, un cibo mediocre può risultare buonissimo se l’ambiente è particolarmente bello e accogliente.

Se dunque è vero che il pane condiviso può dare gusto a una condivisione fraterna è ancora più vero che un’amicizia sincera e un’autentica fraternità danno al pane un sapore unico e inimitabile.

5. Il racconto del pane: il rito

Elena Manganelli – Emmaus (part.)

Si può raccontare la storia del pane: quali ingredienti, quali ricette, i molti segreti, i tempi e i modi per fare un pane davvero speciale. E tuttavia il racconto più bello e interessante è quello in cui il pane viene assunto e partecipato come momento importante di una relazione.

Può essere spezzato a fine giornata come contrassegno di una fatica condivisa, oppure spartito come sigillo di un incontro inatteso o di un’amicizia rinnovata; intinto in un sugo particolare può diventare simbolo di un’esperienza eccitante o di un rapporto amoroso. La condivisione del pane in simili contesti si esplica quasi sempre in forma rituale che diviene sacramento di un dono ricevuto o di una promessa durevole o di un legame permanente. E lo si capisce proprio dal significato dell’assunzione comune del pane, il quale, grazie anche ai gesti e alle parole, si rivela molto più grande del mero bisogno di cibo. Ma vi è pure un aspetto potenzialmente drammatico in tale condivisione; infatti, essa può fingere una relazione che non c’è, o dichiarare una promessa poi non mantenuta, o mostrare una comunione non confermata dai fatti.

Nell’ultima cena di Gesù tutti questi aspetti si sono fusi in uno unico racconto e in un unico rito: da un lato la promessa mantenuta di un’alleanza perenne e, dall’altro, il tradimento di quella stessa promessa che pure era stata accolta con commozione; da una parte, il sigillo di un rapporto amoroso per la vita e, dall’altra, la fuga di fronte alle esigenze radicali di quell’impegno. Anche se non lo sappiamo, quel rito e quel racconto sono ancora il centro pulsante della nostra vita e della nostra storia.

6. Il canto del pane: la festa

Jan Cornelisz Vermeyen - Le nozze di Cana

Il pane appena sfornato produce un certo crepitio che qualcuno paragona a un canto. È questo forse un anticipo, quasi un desiderio impresso nelle fibre del pane, il desiderio di sentire sprigionarsi il canto libero di coloro che lo assumono, per la gioia di un incontro insperato, di un amore ritrovato, di un’amicizia sbocciata, di una primavera della vita dopo i rigori dell’inverno.

Ci sono moltissimi uomini e donne che non arrivano mai a dare voce al canto che, da sempre, portano nel cuore. È il canto della riconciliazione e della pace, è il canto della libertà e della gioia, è il canto del cuore colmo di gratitudine che solo una comunità viva può cantare, e che l’angelo della Pasqua intona per tutti coloro che ancora accolgono il dono del pane offerto da Gesù nella sua ultima cena.

Credits:

Proposta di animazione spirituale